In questo periodo di isolamento forzato ascolto la Parola di Dio come strumento di pace e di serenità. Io non so come andrà a finire questa storia, ma Lui sì. E questo mi fa stare più sereno. Passando più tempo in casa, avendo di conseguenza una vita meno frenetica ed essendo in un periodo estremamente particolare e provante, il tempo per la preghiera è maggiore, più intenso: le lodi la mattina, la preghiera tutti insieme prima dei pasti, la preghiera di fine giornata. Momenti di gioia e di affidamento, nei quali cerco un appiglio nella Sua parola e nei quali mi sento protetto. Dio non ci ha abbandonati.
Ma anche l’ascolto degli altri è cambiato. I messaggi su whatsapp sono diminuiti perché molte attività sono bloccate. Non essendo spesso a telefono per lavoro ho potuto recuperare il piacere delle telefonate personali. Quelle alla mia mamma che vive da sola e che in questo momento più di sempre si scopre fragile ma anche con strumenti di reazione che forse non pensava neanche di avere. Ma anche quelle agli amici, quelli che lavorano in ambito sanitario e che sono più a rischio, ma anche agli altri che, per un motivo o per l’altro sono costretti a continuare a lavorare e ad avere contatti con altre persone. E allora la telefonata non è mai di circostanza, è di condivisione delle preoccupazioni e delle speranze. L’ascolto in questo caso ha il valore di un incontro, diverso da come lo avremmo voluto, ma forse ancora più intenso e forte.
In momenti così difficili penso a quegli amici che abitano nei luoghi più colpiti da questa sciagura. L’ascolto della loro sofferenza, preoccupazione, è un motivo in più per arrivare, stasera, al momento della preghiera, nel quale affidare al Padre questi momenti difficili. In questa circolarità sta il mio Dio ‘unico’: quel Dio dal quale tutto parte e al quale tutto torna. La preghiera della mattina, il lavoro, più difficile e incerto in questo momento, le chiacchierate belle ma difficili, durante le quali spesso non ho risposte da dare ma solo altre domande da condividere: alla fine tutto torna a Lui, affinchè sia Lui a dare risposta.
Lui, quindi, primo e unico. Ma non ‘solo’. Perché è stata la creazione a dare un senso anche a Dio, che altrimenti sarebbe stato Solitudine assoluta. E allora il senso del Dio Unico è negli altri, nei fratelli che incontriamo sul nostro cammino e di cui dobbiamo prenderci cura. In questo sta l’ascolto di Dio oggi: ascoltare la sofferenza delle persone che soffrono, il dolore dei familiari, la fatica dei medici. E le raccomandazioni di chi ci dice di limitare i contatti, di essere ognuno responsabile dell’altro, soprattutto di chi è più fragile.