Lavorando con le persone migranti mi è capitato spesso di avvertire il giudizio che molte persone hanno su di loro, l’aspettativa forzata, quasi il ricatto dell’accoglienza in cambio di… Quante volte avviamo processi pur sapendo che nessuno ci ha elevati a giudici degli altri. Quante volte anche noi operatori cadiamo nel tranello in voga del ‘ti accolgo a patto che…’.
Eppure proprio in questi giorni che il dolore, la malattia e la morte ci sfiorano senza una logica comprensibile e il timore e la paura ci avvolgono, mi viene da pensare a quanto, prima di vigilare giustamente sul rispetto delle regole, che anche tanti ‘di noi’ faticano a rispettare anche quando sono semplici da attuare e così decisive per la salute di tutti, mi viene da pensare, dicevo, a quanto prima delle regole avremmo dovuto abbassare il capo di fronte a percorsi di vita e di sofferenza che molti di noi non potremmo neanche immaginare di vivere. Niente lassismo, si badi bene. Soltanto un tentativo di farsi prossimo, di cercare di conoscere una storia, di raccontare la propria e provare a costruire insieme il proseguo della stessa.
Sarebbe molto più bello se invece di caricare sugli altri il peso di sentirsi soli e abbandonati provassimo, soprattutto adesso, a condividere il sollievo di sentirsi accolto e ben voluto. Impareremmo di sicuro anche a condividere le regole, e a rispettarle.