Un mistero da vivere

Hai voglia di dire che ci piace il brivido della novità. Sì, ma molti di noi quando avvengono dei fatti che sconvolgono i nostri piani reagiamo con preoccupazione e smarrimento. Io sono abbondantemente fra questi e questi giorni di ‘reclusione’ forzata per il coronavirus me lo stanno dimostrando. Credo di essere da questo punto di vista una persona piuttosto banale, la routine mi coccola, forse perché spesso sono abbastanza capace di vedere i piccoli aspetti di novità anche in questa. Resta il fatto che quando un piccolo o grande ‘terremoto’ fa ballare le mie certezze faccio fatica ad accettare il cambiamento, e ancora di più di non capire. Mi capita spesso, in questi casi, di cercare una soluzione che molte volte non c’è, almeno nell’immediato, per poter tornare allo status quo. Banalizzando il problema mi sembra forse di sentirlo più facile e meno impegnativo, anche se quasi subito mi rendo conto che non è così. E allora provo a risolverlo con le mie forze, anche quando so bene che non sono sufficienti. La prima preoccupazione è per le persone a me più vicine, con il pensiero di dover essere io a salvare il mondo che mi circonda, le persone che mi circondano e che in qualche modo dipendono da me, magari rendendomi conto in breve tempo che non sono in grado. Frustrazione, preoccupazione e impotenza, quindi, sono i miei compagni di viaggio quando qualcosa sconvolge i miei piani. In questi giorni per esempio sto cercando di seguire le raccomandazioni della protezione civile per contenere questo maledetto virus, stando in casa, evitando i contatti, lavandomi le mani seimila volta al giorno. Ma, nonostante questa attenzione nell’attenermi alle raccomandazioni, ho fretta di arrivare a delle conclusioni, di prevedere il futuro, di sapere come finirà. Non sono capace di vivere il mistero, quel mistero che abita la vita di ognuno di noi e che qualche volta si fa più evidente.

Generalmente, quando l’imprevisto finisce, mi trovo a fare il resoconto di quanto successo e mi rendo conto di quanti comportamenti inappropriati ho avuto, di quanto sarebbe stato più facile e meglio fare quello che potevo ma consapevole della mia limitatezza e vivere il mistero nella sua incomprensibilità.

La morte, pochi mesi fa, del mio babbo, mi ha fatto proprio rendere conto del mistero e della sua imprevedibilità. Un uomo grande e forte travolto in pochi mesi da una malattia inesorabile e incurabile. Tante domande, nessuna risposta, se non, come canta Francesco Guccini, “che siamo poco, o che non siamo niente.” Questa vicenda dolorosa mi ha però dimostrato ancora una volta che il mistero della vita esiste davvero. E che l’unico modo per viverlo senza farsi travolgere è custodirlo, starci dentro, lasciando aperte quelle domande che in quei momenti non trovano risposta. L’esperienza di questi mesi mi ha detto che forse quelle domande non troveranno mai risposta ma, forse, forse, si inseriranno dentro ad un quadro più comprensibile e meno doloroso.

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