Era un sabato pomeriggio di sole, proprio come oggi, il 23 maggio del 1992. Tornai a casa dopo una delle interminabili partite di calcio del sabato pomeriggio al campetto della parrocchia. Stanco ed assetato appena arrivai a casa mi fermai a bere un bicchiere d’acqua. In casa non c’era nessuno, accesi la tv. Quasi subito il programma di intrattenimento venne interrotto dalla sigla dell’edizione straordinaria del TG1. Un’affannata Angela Buttiglione dette la notizia dell’attentato e mostrò le prime immagini dell’apocalisse che era successa poche decine di minuti prima sull’autostrada che dall’aeroporto di Capaci porta a Palermo.
Il 23 maggio 1992 alle 17.58 gli strumenti di misurazione registrarono un terremoto nel territorio vicino a Palermo. Un sisma non provocato dall’imprevedibilità della natura, ma dalla mano crudele dell’uomo.
Un terremoto che scosse anche le coscienze, le istituzioni, il vivere civile di ognuno di noi. La politica fu finalmente in grado di eleggere il presidente della Repubblica. Da quel giorno tante persone cominciarono a capire che la lotta alla mafia non è una questione che riguarda pochi eroi radicati in una piccola porzione di territorio isolata dal resto del Paese, ma è una battaglia collettiva nella quale o siamo tutti impegnati a fare la nostra parte oppure siamo destinati a soccombere. Tutti.
E’ stato anche e soprattutto dopo quei 57 giorni, dal 23 maggio al 19 luglio, quando a perdere la vita furono Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta, che la società civile è riuscita a organizzarsi e a fare fronte comune contro la criminalità organizzata.
Sono passati 28 anni e la mia impressione è che quell’attenzione alta, quella voglia di riscatto civico abbia perso un po’ della sua spinta propulsiva. In questo periodo così difficile che ha cambiato radicalmente il nostro modo di vivere dobbiamo prendere consapevolezza che il percorso che abbiamo fatto in questi 28 anni è la cura per combattere il terribile virus delle mafie, ma purtroppo, anche in questo caso, non è il vaccino. La mafia con il suo portato di violenza e di sopraffazione non sono state sconfitte. Per questo non possiamo abbassare la guardia, perchè altrimenti il risultato sarà quello della sua immediata conquista del terreno perduto.
Non possiamo permetterlo, se non vogliamo che le parole che ognuno di noi utilizza in occasione delle ricorrenze del 23 maggio e del 19 luglio non diventino un inutile esercizio di retorica.