Quando una persona, un povero, muore, senza aiuto, sul marciapiede di una strada della nostra città, abbiamo perso, tutti. Hanno perso le Istituzioni, che evidentemente non sono riuscite a tenere questa persona all’interno di un percorso di protezione. Hanno perso le associazioni che in città si occupano di accoglienza e di sostegno nei confronti dei poveri, perchè non sono riuscite a salvare questa povera vita. Ha perso la Chiesa e tutti noi credenti, che troviamo una parte importante del senso della nostra fede nel tentativo di concretizzare le opere di Misericordia e che in questo caso non siamo stati in grado nè di vedere nè di sostenere, di amare, il prossimo. Ha perso ciascuno di noi che, ogni giorno o più saltuariamente, è passato accanto a questa persona, che si dice frequentasse sempre gli stessi posti, senza chiedersi chi fosse, quali problemi avesse e cosa potessimo fare per lui.
Ecco. Cosa avremmo potuto fare? Cosa possiamo fare? Perchè se è vero che abbiamo perso tutti, anche se certamente con diversi livelli di responsabilità, non possiamo pensare di evitare la riflessione scaricando la responsabilità su qualcun altro e solo perchè sta su un gradino di responsabilità un pochino più alta della nostra.
La nostra è una città dal cuore grande, nella quale sono innumerevoli i progetti che si occupano delle fasce più fragili della popolazione: tanti e spesso di grande valore. Eppure, evidentemente, non bastano più e basteranno sempre meno via via che la crisi sanitaria che stiamo vivendo si trasformerà sempre e ancora di più in crisi economica e sociale. Cosa manca? Io credo che manchi il passaggio fra occuparsi dei poveri e occuparsi del povero, singolo, con un nome e un cognome. Una persone alla quale è nobile garantire un pasto caldo e un posto dove dormire, ma che è di più, che ha bisogno di più di un po’ di cibo e di un letto. Quante persone, quanti di noi, operano nel loro piccolo per dare sollievo e speranza a queste persone; ma quanti di noi, io per primo, si limitano a servire un pasto o a dare un letto senza neanche sapere il nome delle persone che hanno davanti, la loro storia, i loro problemi e necessità. E allora, forse, è proprio dare un senso alla vita di queste persone il compito difficile che abbiamo davanti.
La nostra città, la nostra comunità, ha tutti gli strumenti per assolvere a questo compito. A patto di sconfiggere l’indifferenza, che è sempre in agguato anche nei posti più ospitali, ma anche l’autocompiacimento nel vedere quel tanto che stiamo facendo senza concentrarsi su ciò che potremmo ancora fare.