“Questo è il tempo dei costruttori. I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova.” Sono queste le parole che più mi hanno colpito fra quelle che ha pronunciato ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso dell’abituale discorso di fine anno.
Per molti non è stato difficile cogliere in questa affermazione un avvertimento e un consiglio nei confronti di chi in questo momento così complesso sembra che voglia avventurarsi e provocare una crisi politica ‘al buio’. Io, oltre a questa importante sottolineatura politica, ho colto in queste parole anche un invito e uno stimolo a tutti i cittadini, che poi sono coloro ai quali viene rivolto il discorso di fine anno, affinché diano il meglio di sé per superare questo momento difficile e costruire un futuro più roseo e solido.
Il costruttore è colui che ha il coraggio di fare un progetto, di immaginare un domani e scommette sulle proprie e altrui forze per realizzarlo. E’ colui che non si accontenta di ciò che ha, ma che sa farlo fruttare, che utilizza il proprio lavoro e le proprie risorse per creare qualcosa di cui poi potrà trarne i benefici. Il costruttore è spesso, quindi, un’ottimista, che sa vedere uno spiraglio di luce anche in un periodo buio. E’ soprattutto uno che si mette al lavoro, che non sta con le mani in mano o, peggio, affacciato alla finestra a guardare gli errori degli altri.
Ci vuole un coraggio doppio, oggi, ad esserlo. Perchè la situazione è difficile come mai lo era stata negli ultimi decenni. E perchè in questo periodo si notano di più quelli che distruggono rispetto a coloro che costruiscono. La politica, come spesso succede, è lo specchio della società, e basta guardarla con un occhio appena interessato per capire come oggi frutti di più ‘stare a guardare’ chi governa, a qualsiasi livello, ed evidenziarne, sicuramente in modo legittimo, le magagne e gli errori, rispetto a mettersi a lavoro e dare il proprio contributo. E se questo vale per la politica, vale sicuramente anche nella vita quotidiana: lo si vede nell’irrequietezza con la quale da tanti vengono vissute le faticose ma indispensabili limitazioni della libertà personale, lo si nota anche nell’individualismo egoista con il quale, da una minoranza, certo, ma pur sempre numerosa, viene affrontato il tema dei vaccini e della loro funzione.
Nelle parole di Mattarella ho ritrovato alcuni concetti espressi qualche giorno fa da Papa Francesco, quando diceva che questo non è il tempo di chiuderci in noi stessi, di ripiegarsi, ma di guardarci attorno e di dare una mano a chi sta peggio di noi. “Il fratello che soffre ci appartiene”, ha detto il Papa, intendendo che chi è nell’indigenza e nel dolore ‘fa parte della nostra famiglia’, è parte di noi. Una frase impegnativa e bellissima che dovrebbe responsabilizzare e far riflettere tutti, credenti e non.
Immaginare un domani, non piangersi addosso, avere uno sguardo attento alla sofferenza degli altri e sostenere ed essere protagonisti di una solidarietà attiva: sono questi i cardini di una ripartenza, un altro vaccino che, così come quello ‘reale’, può farci superare questi tempi difficili.