
Un abbraccio vuol dire “tu non sei una minaccia. Non ho paura di starti così vicino. Posso rilassarmi, sentirmi a casa. Sono protetto, e qualcuno mi comprende”. La tradizione dice che quando abbracciamo qualcuno in modo sincero, guadagniamo un giorno di vita.
Paulo Coelho – Aleph
Dando una lettura veloce agli ultimi messaggi ricevuti sul telefono ho verificato quanto, ad occhio e croce, più della metà finiscano con un gesto di affetto descritto a parole e, fra questi, “un abbraccio” sia senz’altro il più gettonato. Il primo pensiero che mi è venuto leggendoli è che le parole, specialmente quelle scritte, sono le ultime ad abbandonare le vecchie abitudini: se ci viene imposto, riusciamo in qualche modo a cambiare i nostri comportamenti, ma quelli a cui siamo più legati e che ci danno piacere, restano nei nostri pensieri, li continuiamo ad associare a qualcosa di bello e ad utilizzarli nelle nostre espressioni.
E’ quasi un anno, ormai, che non ci abbracciamo. Non lo facciamo assolutamente più fuori di casa, con gli amici e con i parenti ‘non congiunti’. Ma riusciamo spesso a farlo solo superando qualche disagio e preoccupazione anche dentro le mura domestiche. All’inizio di questa pandemia ci siamo detti, probabilmente più per autoconvinzione che credendoci realmente, che il distanziamento che ci veniva imposto era soltanto fisico, che non avrebbe influito più di tanto sul modo di approcciarsi fra di noi, sulle nostre relazioni. Il tempo invece ci ha ben presto dimostrato che il distanziamento, lo dice la parola stessa, crea distanza e la alimenta. L’uomo, anche se talvolta tendiamo a dimenticarcene, non è una macchina, che è programmata per abituarsi ad alcuni cambiamenti e che, soprattutto, non prova emozioni. Un anno di distanza forzata e di contatti ‘filtrati’ hanno provocato un cambiamento profondo nei nostri comportamenti e nella nostra psiche e spesso hanno portato tante persone ad isolarsi e ad accentuare alcune difficoltà di relazione.
Per chi come me è una persona ‘fisica’, che tende a dimostrare materialmente e con il contatto diretto i propri sentimenti, questo periodo è stato una vera tortura; ma del resto, ormai, anche coloro che generalmente ‘mantenevano le distanze’ ammettono sconsolati che il contatto fisico non è più così superfluo. Manca. Manca tremendamente, perché l’abbraccio è l’espressione più universale, generalizzata e autentica di affetto, di amore. E un sentimento senza espressione, inutile negarcelo, perde un bel pezzo della propria spontaneità.
La pandemia ci ha portati a sentirci dentro ad una perenne minaccia, impauriti, fragili, tanto che a molti questi mesi ‘fra parentesi’ sono sembrati addirittura non vissuti.
E’ per questi motivi che spero che uno dei regali più belli del nuovo anno sarà quello di tornare ad abbracciarci, ad aprirci agli altri sentendoci protetti e accolti. E’ solo così che potremo riprendere effettivamente a vivere e forse, piano piano, anche a recuperare un po’ del tempo perso.
Perchè in fondo è proprio vero che “nell’abbraccio – ciò che è stato spigolo, linea interrotta, groviglio – diventa di nuovo, come per miracolo, cerchio perfetto.”