Andrea Franchi e Lorena Fornasir sono due anziani coniugi triestini (lei 68 anni, lui 84) che alcuni anni fa hanno fondato l’associazione “Linea d’ombra” che ha l’obiettivo di aiutare, sostenere e alleviare le sofferenze dei migranti della rotta balcanica.
Nel corso della settimana appena conclusa la loro casa è stata perquisita dalle forze dell’ordine, la mattina all’alba, alla ricerca di prove che potessero sostenere l’accusa nei loro confronti di ‘favoreggiamento dell’immigrazione clandestina’. Non so come finirà questa indagine, se, come già successo in altre occasioni simili, alla fine l’accusa decadrà in fase di indagine o se alla fine si arriverà al processo o addirittura ad una condanna. Mi basta pensare all’assurdità dell’accusa nei confronti di due persone che hanno la sola colpa di aver fatto della loro casa, visto che proprio lì ha sede l’associazione, un luogo di cura e di protezione. Fa male pensare che questo Paese può essere diventato un luogo nel quale si può essere accusati di esseri stati umani, di aver adempiuto ad una delle opere di misericordia.
Questa vicenda, però, e forse è questo a scandalizzare ulteriormente, non è il frutto della mania di protagonismo di un magistrato di provincia, ma è la conseguenza di una norma, entrata in vigore nel 2009 e che nessuno negli undici anni successivi è riuscito o ha voluto cancellare, che ha introdotto, appunto, il reato di immigrazione clandestina e di conseguenza quello di favoreggiamento.
Chi in questi anni si è battuto per la cancellazione di questa norma illogica e disumana ha ben presente che uno Stato ha il diritto (e anche il dovere) di sapere chi vive sul suo territorio. Se ha portato avanti questa battaglia lo ha fatto, da una parte, con la convinzione, via via confermata nel tempo, che questo tipo di normativa non riesce neanche a raggiungere gli obiettivi per i quali era stata pensata (la protezione e il controllo delle frontiere) e dall’altra, soprattutto, nella consapevolezza che questo eventuale risultato non lo si può ottenere nè colpevolizzando chi mette a rischio la propria vita per sfuggire a povertà e violenze e neanche accusando persone che hanno la sola colpa di aiutare il prossimo.
Un solo risultato questa norma ha raggiunto davvero, in questo sostenuta da altre leggi o prese di posizione simili per retaggio culturale e obiettivo di fondo: quello di sdoganare i peggiori istinti e di dare loro una patente di legittimità. Aver trasformato le vittime di violenza e i poveri in colpevoli, aver fatto diventare l’essere buoni un’offesa (il ‘buonismo’), aver trasmesso il messaggio che i trafficanti di esseri umani e chi operava per il loro salvataggio fossero due facce della stessa medaglia: sono queste le colpe di questo periodo, delle quali la storia in qualche modo ci renderà conto, e che sono senz’altro figlie, legittime o meno, di una normativa che ha identificato lo straniero (quello povero, ovviamente) con un criminale.