Il rogo dei perdenti

foto http://www.ansa.it

Il mio primo ricordo di Corleone è legato al secondo viaggio in Sicilia, alla fine dell’estate del 2015. A differenza del primo, quando avevamo fatto il viaggio in camper attraversando l’Italia centrale e meridionale, in questa occasione, visto che il motivo della visita era la partecipazione ad un matrimonio, avevamo deciso di andare in aereo. Arrivati quindi all’aeroporto di Palermo alla fine del pomeriggio, noleggiammo un’auto per raggiungere il paese dove nei giorni successivi si sarebbe svolta la cerimonia. Già appena atterrati le nostre figlie avevano iniziato a lamentarsi per la fame. Partiti quindi per questa appendice di viaggio verso l’interno dell’isola, insieme a mia moglie decidemmo di iniziare subito a guardarci intorno per trovare un posto nel quale mangiare. Giunti per l’appunto nella zona di Corleone la situazione in auto iniziava a farsi difficilmente sostenibile e, quando vedemmo un ristorante all’entrata del paese, con le saracinesche mezze abbassate ma con ancora le luci accese all’interno, decidemmo di fermarci e di chiedere se fosse possibile avere un minimo di ristoro. La signora del locale rialzò subito la saracinesca e ci preparò con cura un bel piatto di pastasciutta per ciascuno. Nessuna malcelata sopportazione, ma, al contrario un’accoglienza calda e festosa.

E’ soprattutto legato a questo gradevole episodio il fatto che io abbia un bel ricordo positivo di Corleone e della sua gente. Al ritorno verso Palermo, alla fine di quei pochi giorni di permanenza, passammo di nuovo dal centro del paese e vedemmo, fra le altre cose, la vecchia casa di Totò Riina, che era stata trasformata nella caserma della Guardia di Finanza.

Nonostante che non abbia ricordi della chiesa di Sant’Agostino, mi ha colpito vederla in questi giorni devastata e profanata dal rogo doloso del quale è stata oggetto nei giorni scorsi. Ma se l’immagine dell’attentato mi ha colpito negativamente, mi hanno molto sollevato e dato speranza le parole del parroco, don Luca Leone. Nel commentare questo fatto ancora senza responsabili, ma che di sicuro si è esplicitato con una modalità mafiosa, il sacerdote ha ricordato che Corleone ha certamente dato i natali ad alcuni dei mafiosi più spietati, come Salvatore Riina o Leoluca Bagarella, ma anche a santi, come San Leoluca, il patrono, e testimoni di giustizia e legalità, come il sindacalista Placido Rizzotto, che hanno pagato con la vita il loro impegno e la loro coerenza. Riferendosi alle sue prese di posizione contro la mafia don Luca si è detto consapevole che con le sue parole può aver dato fastidio, ma ha anche raccontato dei 700 messaggi di solidarietà ricevuti, segno, ha concluso, che “non è che Corleone stia cambiando, è già cambiata.”

Anche in questo è la speranza e il coraggio della testimonianza il vero antidoto alla paura e alla sopraffazione. Anche oggi, come nel caso di ieri, la forza dell’impegno nonviolento rende ridicola la prova di forza e di intimidazione.

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