Salvini-Open Arms, tre considerazioni

E così il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palermo ha deciso il rinvio a giudizio di Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e omissione di atti di ufficio per la vicenda “Open arms”. Era l’agosto del 2019 quando l’allora ministro dell’Interno rifiutò per giorni l’attracco della nave della ong spagnola che aveva tratto in salvo 147 migranti nelle acque del Mediterraneo.

Non sarebbe neanche il caso di ribadire, talmente è chiaro, che anche per Salvini vale la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio e che a decidere sulla sua innocenza o colpevolezza penserà il giudice che sarà chiamato a valutare.

Nell’attesa che la giustizia faccia il suo corso, però, anche in questo caso, alcune considerazioni possono essere fatte, indipendentemente da quello che sarà l’esito. A me ne vengono in mente principalmente tre.

La prima. Non è vero, come sostiene il leader della Lega che questo processo sarebbe la resa della politica nei confronti della magistratura. Questo processo, invece, è la dimostrazione che anche chi è chiamato ad esercitare, transitoriamente, funzioni di governo è tenuto a rispettare la legge. Chi governa non è al di sopra di ogni cosa, di ogni vincolo e dovere. La nostra Costituzione prevede già una tutela all’indipendenza della politica e alla separazione delle funzioni, ed è quella dell’autorizzazione a procedere, che le Camere possono accogliere o negare. Si può essere d’accordo o meno con questa previsione costituzionale, ma è un dato che è stata scritta proprio per evitare i rischi di cui parla Salvini senza motivo.

La seconda. La difesa della patria, alla quale l’ex ministro si appella per giustificare le sue azioni di allora, non si esercita impedendo a dei poveracci di scendere da una nave all’interno della quale sono costretti da giorni, ma, eventualmente e per esempio, impedendo alle spie di vari Paesi di andare a spasso per il nostro territorio raccogliendo qua e là documenti segreti.

La terza considerazione è statistica. Dal 2017 a oggi, da quando cioè il predecessore di Salvini, Marco Minniti, ha cominciato la folle battaglia contro le ong della quale il leghista ha volentieri raccolto il testimone, sono state avviate 16 indagini contro le Organizzazioni non governative. Nessuna di queste, al momento, è arrivata a processo e molte di queste sono state smontate già nelle indagini preliminari. Segno che al momento non si sa se ci sia qualcuno che ha violato la legge compiendo reati molto gravi, ma si sa benissimo chi non li ha compiuti, nonostante il clima di discredito costruito ad arte.

Salvini ha commentato il rinvio a giudizio dicendo che andrà a processo “a testa alta e anche a nome vostro”. Non so a chi si riferisse con quel ‘vostro’. Nel caso si fosse rivolto agli italiani, essendo fra quelli, vorrei dirgli che sull’andarci a testa alta è un fatto suo, ma che di sicuro non ci va a nome mio. Il giudice valuterà gli aspetti legali, io il mio giudizio, politico, etico e umano sulle sue posizioni e azioni l’ho già dato da tempo.

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