Avere una casa in muratura, nella quale poter vivere serenamente al riparo dalle intemperie, non solo quelle atmosferiche, è una fortuna non scontata per buona parte dell’umanità.
Ma la casa non sono solo quattro mura e un tetto, è soprattutto un luogo nel quale si vive e si respira l’amore; e in questo senso, grazie al cielo, la si può costruire in qualsiasi parte del mondo, indipendentemente dal proprio ruolo sociale e dalla condizione economica.
Quando è un luogo d’amore, prima ancora di uno spazio fisico, succede che dentro la casa ci sia sempre posto. Quando abbiamo scelto di accogliere N. come membro della nostra famiglia, per esempio, lo abbiamo fatto con la convinzione che ci fosse ancora ‘spazio’ per prendersi cura di qualcuno e che la casa, proprio perché non è un diritto di tutti, non potesse ridursi ad essere una proprietà assoluta, un privilegio quasi, ma che dovesse essere allargata a chi questo privilegio non lo aveva avuto ‘per nascita’.
Pensando alla casa, mi vengono in mente due situazioni vissute in Africa, che segnano le differenze profonde, ma anche i tanti aspetti comuni. La prima: l’orgoglio con il quale un Masai del villaggio vicino a Namanga, nel sud del Kenya al confine con la Tanzania, ci mostrò la sua abitazione costruita con lo sterco di mucca. Una casupola tonda, con un breve corridoio circolare, attraverso il quale si raggiungeva l’unica stanza, centrale, multifunzionale. Mi ricordo il buio di quella stanza spoglia, il pavimento in terra battuta. Ma anche la dignità, l’estrema, dignitosa povertà. La seconda situazione l’ho invece osservata in Angola, in un quartiere ad altissima densità abitativa della periferia di Luanda, la capitale, sulle rive dell’Oceano. Ho ancora davanti a me l’immagine di una signora che cucina, di fronte alla sua abitazione dimessa; il fuoco acceso sulle tre pietre e il pentolone sopra a cuocere. Un’immagine di miseria, lontana anni luce dalla nostra condizione, ma nello stesso tempo estremamente ordinaria, quotidiana direi: la pentola che cuoce sul fuoco, l’attesa di un pasto caldo.
Si dice spesso che un’abitazione rappresenta coloro che la vivono. E molte volte è così, fosse altro perché le persone l’allestiscono e la dispongono secondo i loro gusti. Il luogo che viviamo all’esterno è in qualche modo la proiezione di ciò che siamo dentro di noi. Anche in questo caso, allora, il nostro interiore, il nostro cuore, perde quasi di significato se non è svuotato di tutti gli ingombri inutili e non è libero e capiente abbastanza da poter accogliere gli altri e donare pace.