Futuro

“Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con veri progetti di vita.”

MURIEL BARBERY

Photo by Markus Spiske on Pexels.com

Prendendo in prestito le parole ironiche e crude, ma estremamente attuali, del filosofo e scrittore francese Paul Valery, possiamo dire che “il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.”

Il futuro, essendo strettamente legato allo scorrere del tempo, non esiste come concetto statico, ma è collegato al presente che, a sua volta, dovrebbe avere una forte connessione con il passato. Il problema grande di questi tempi è quello che il presente è fortemente, se non completamente, scollegato dal passato, a causa di una cesura improvvisa e radicale che ha fatto crollare buona parte dei ponti di collegamento. Il presente che stiamo vivendo, pur essendo ancora la conseguenza di scelte fatte precedentemente, è da molti punti di vista condizionato e ipotecato dal fatto storico ‘unico’ della pandemia.

Ecco, quindi, che il futuro, davvero, non è più quello di una volta. E neanche la nostra vita, di conseguenza, perchè questa ha un senso, in buona misura, nel momento in cui siamo capaci di costruirla, non fermandosi al momento attuale; un passo alla volta, certo, ma almeno immaginandosi dei traguardi e delle tappe intermedie. Il futuro di una volta è quello in cui tanti, soprattutto i giovani, speravano in un miglioramento della propria condizione, qualunque essa fosse; quello di oggi è quello nascosto dalla nebbia di un presente precario.

Ed è proprio da qui che dobbiamo ripartire, dalla nebbia. La nebbia confonde i contorni e nasconde l’orizzonte, fa sembrare tutto indefinito e uguale. Per riprendere a camminare dobbiamo in qualche modo far diradare la nebbia.

Sì, ma come? Ri-cominciando a fare progetti. Nel mio lavoro i progetti sono la base dalla quale parte tutto il resto. Ma perchè sono così importanti, oggi? Perchè i progetti non sono un tuffo carpiato nella piscina vuota di un futuro invisibile, ma costituiscono le fondamenta sulle quali ricostruire i ponti di collegamento che sono andati distrutti: analisi dei bisogni, obiettivi concreti e misurabili, risorse chiare e definite.

E’ solo facendo progetti che possiamo riprenderci la vita con una serenità figlia, non di una sciocca inconsapevolezza, ma di una speranza incerta ma credibile. Di una speranza con la ‘s’ maiuscola, come dicevamo ieri. E’ faticoso e complesso vincere la nebbia, ma quando si dirada, come per miracolo, ricompare il futuro.

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