Naufragati nell’indifferenza

Altri 130 morti nel Mediterraneo, a largo della Libia. Lasciati morire nell’indifferenza delle autorità libiche e italiane, che per un giorno intero si sono rimpallate le responsabilità su chi dovesse intervenire, come se la questione non riguardasse il salvataggio di vite innocenti, ma lo svolgimento di una inutile pratica amministrativa.

Non sto qui a riportare gli orari dell’intera giornata, le continue richieste di aiuto cadute nel nulla; da questo punto di vista è formativo (e sconvolgente) leggere la cronaca come sempre lucida e coraggiosa di Nello Scavo su Avvenire.

Volevo provare a concentrarmi sulla paura. Sulla paura che quelle 130 persone, immagino prevalentemente molto giovani, probabilmente alcune donne con dei bambini, possono aver provato via via che il giorno passava e la speranza lasciava il passo allo sconforto. La preoccupazione e la paura che diventavano terrore mentre il giorno finiva, il buio avanzava e lo sbattere delle onde su quelle navi malandate provocava un rumore sempre più nefasto. Sì, deve essere sconvolgente rendersi conto di stare per morire, sentire il panico che sale nei compagni di viaggio e vedersi confinati nello spazio angusto di una nave alla deriva. Chissà cosa è successo alla fine, al buio. Se qualcuno si è buttato in acqua sperando in un improbabile salvataggio, o se la maggior parte si è arresa facendosi sbattere dalle acque per interminabili minuti, fino ad andare sotto. Per sempre.

E poi penso alle parole del presidente del consiglio Draghi che al primo viaggio istituzionale in Libia si è premurato di ringraziare le autorità di quel Paese per i salvataggi in mare. Penso alla scarcerazione di Bija, la persona riconosciuta da tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui come il diabolico trafficante di uomini. Probabilmente troppo potente e conoscitore di troppi segreti per stare chiuso in una cella. Non credo che sia un caso che proprio dal giorno della sua scarcerazione, come scrive puntualmente Scavo, i viaggi della speranza, della morte, hanno subito una rapida impennata.

Tutto questo è profondamente assurdo, cinico e ingiusto. E’ incredibile quanto la nostra società abbia perso la capacità di provare com-passione per le persone che muoiono, innocenti. Vale per l’indifferenza che molti provano per i migranti morti in mare e per il fastidio, lo definirei, con il quale oggi tanti, in molti casi gli stessi, ascoltano e reagiscono di fronte alle centinaia di morti che ogni giorno ancora si contano per il Covid. Se il livello di una civiltà si misura anche dal rispetto che porta per coloro che muoiono, ecco, la nostra, oggi, è ad un livello molto basso.

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