Negli anni 2019 e 2020, in Toscana, il numero delle persone morte è stato il doppio di quello dei bambini nati: 91.812 contro 45.785. Il Covid, che sicuramente ha influito sul numero delle persone scomparse, ha comunque un impatto limitato su una tendenza che invece è in continuità con gli anni precedenti.
Ciò che colpisce di più è soprattutto il numero delle nascite: sono solo 6 ogni 1000 abitanti, contro le 6,8 del resto di Italia e soprattutto le 9,3 ogni mille dell’Unione Europea.
Le conseguenze della denatalità sono evidenti nella popolazione scolastica, se si pensa che questa rappresenta il 12,2% degli abitanti della Toscana, a fronte di un 13% a livello nazionale, del 15,1% a livello continentale e del 16,4% nella generalità dei Paesi economicamente più sviluppati. Tradotte in numeri assoluti, queste percentuali ci dicono che nella nostra Regione mancano 29mila studenti, se la proporzione fosse quella italiana, e ben 108mila se si prende in considerazione quella europea.
Eppure la Toscana è una Regione nella quale ancora gli indicatori economici e di qualità della vita sono ancora superiori a quelli medi nazionali. Perchè, quindi, la situazione a livello demografico è così deficitaria?
Non ho le competenze per poter fare un’analisi approfondita, ma credo che questo argomento meriti una riflessione da parte di chi quelle competenze le ha e soprattutto è nelle condizioni di manovrare alcuni strumenti in grado di invertire la rotta e di convogliare su questo obiettivo risorse economiche e passioni civili.
Pur non essendo in grado di cogliere i motivi profondi delle differenze a livello nazionale e continentale, in generale credo che il tema della natalità sia strettamente legato alla capacità di immaginarsi un futuro e di scommettere con fiducia in un miglioramento delle condizioni economiche e sociali. In questo senso bene la novità dell’assegno unico, seppur in attesa dei decreti attuativi per poter definire meglio la portata dell’intervento. Ma credo che a questo novità, che incide positivamente sulla condizione economica delle famiglie, debbano aggiungersi anche azioni volte ad incidere sulla percezione di sicurezza sociale, perchè in questi anni abbiamo visto bene, anche in altri settori, come la percezione di una situazione sia in grado di modificare le convinzioni delle persone anche di più rispetto ai dati reali. In questo senso credo che sia fondamentale un investimento a tutti i livelli su interventi e servizi di prossimità, quelli in grado di produrre una vicinanza reale e di aiuto concreto nelle situazioni di criticità e di ridefinire il senso di una comunità che si riconosce, non tanto dall’essere composta solo da persone autoctone che condividono la stessa storia, ma da tutte quelle che sono nelle condizioni e vogliono immaginare insieme il proprio futuro.